Nell’anno delle olimpiadi di Rio due storie di sport che parlano di lotta ed emancipazione. Dalle Boxing Girl di Jaime Murciego Tagarro (Spain, 2016, 19’) che combattono in Kenya contro stupri, abusi, droga e povertà, attraverso il pugilato a Loro di Napoli, di Pierfrancesco Li Donni (Ita, 2015,75’) che racconta la storia della squadra di calcio Afro-Napoli composta da migranti italiani di seconda generazione alle prese con le difficoltà burocratiche tra permessi di soggiorno e certificati di residenza.
BOXGIRLS di JAIME MURCIEGO TAGARRO SPAIN | 2016 | 19’ Non è facile vivere in un posto come Kariobangi, e lo è ancora meno se parliamo di donne e ragazze. Le pugili di Boxgirls Kenya lottano contro stupri, abusi, droga e povertà, attraverso lo sport. I benefici del pugilato vanno ben oltre quelli fisici: è un canale per uscire dalla realtà, che permette loro di affrontare le sfide di ogni giorno. “Ragazze forti, comunità sicure!” è il motto. Non si tratta solo di autodifesa: la box permette di ritrovare la fiducia nelle proprie capacità, motivazione, autostima, emanciparsi e al tempo stesso creare un impatto positivo sulle comunità.
Loro di Napoli, di Pierfrancesco Li Donni (Ita, 2015, 69’)
Antonio è il presidente dell’Afro-Napoli, squadra di migranti, italiani di seconda generazione, napoletani. Antonio ha un sogno: portare i suoi ragazzi a giocare i campionati Federali. Ma Lello, Maxime e Adam non hanno documenti e la macchina burocratica s’inchioda sui permessi di soggiorno e i certificati di residenza. Antonio è disposto a tutto per veder vincere la sua squadra.
Prima che con le persone, il regista Pierfrancesco Li Donni costruisce un racconto con la città, la sua lingua, la sua metrica, i suoi tempi.
I personaggi, che si affidano completamente allo sguardo della telecamera, prendono vita da una melodia di fondo che è capace di fondere la sfera privata, in cui vige il tempo irreale e insostenibile dello status di apolide, con quella collettiva, in cui il reale può essere affrontato, conquistato. Giocato.
“Napoli diventa un avamposto di integrazione: laddove le difficoltà sono molteplici, e la legge non ha una valenza “protettiva” per nessuno, lo straniero viene misurato per ciò che rappresenta nella realtà, nella via, nel quotidiano, e non per l’immagine di lui che viene proposta, e neanche per la sua presunta regolarità o clandestinità”. (P. Li Donni )